mercoledì 28 aprile 2010

Identità europea e diversità culturale

Anticipazione dal volume collettivo "Europa 2.0 prospettive ed evoluzioni del sogno europeo", ombre corte, Verona, maggio 2010.

Dal capitolo:
Identità europea e diversità culturale
di Luciana Castellina*

Penso siate d’accordo quando dico che se vogliamo continuare ad avere speranze e dunque progetti in grado di dar loro corso – e non abbatterci di fronte al presente che si delinea all’alba del 2010 – bisogna partire da una impietosa disanima dei fatti, fugando quanto di peggio c’è stato, e continua ad esserci, a danno dell’Europa: l’insipida e pericolosa retorica con cui si è cercato di eludere ogni concreta valutazione di quanto è accaduto, o non è accaduto, da quando, ormai più di cinquant’anni fa, fu firmato il Trattato di Roma.

E allora debbo dirvi – scusate se parlo in prima persona, ma si è più sinceri – che a parlare di Europa provo oggi imbarazzo. Perché il declino dell’Unione che abbiamo contribuito a costruire è dato evidente, addirittura esponenziale. Inutile ignorarlo. Negli ultimi anni è diventato luogo comune considerare l’Unione europea ininfluente, o peggio: insignificante.

Basta andare nelle università d’élite sorte come funghi nella regione del Golfo, per esempio; oppure in arene del tutto diverse, come i Forum sociali dei continenti non occidentali e senza contare gli Stati Uniti, dove l’Europa non l’hanno mai avuta in nota, neppure quando contava assai di più: ovunque si parla di Asia, di America Latina, persino di Africa. Dell’Europa, di un suo supposto ruolo, non vogliono neppure sentire. Persino l’“odiosa” America, con Obama, è riapparsa dinamica: e agli States è tornata a rivolgersi una speranzosa simpatia (forse dovuta anche alla crescente debolezza dell’“Impero” americano: quelli deboli, si sa, sono più tollerabili di quelli tanto forti da essere arroganti).

Vale anche per il cinema: i film che oggi ci arrivano da quel paese e che hanno tentato il genocidio delle nostre culture occupando l’80 per cento del mercato audiovisivo europeo, sono oggi più dolenti, più accettabili. Ci è quasi passata la voglia di combatterne l’invadenza, come abbiamo invece fatto con accanimento nel Parlamento europeo e con le associazioni degli operatori cinematografici europei, sopratutto a partire dagli anni Ottanta.

[...] Continua nel libro "Europa 2.0 Prospettive ed evoluzioni del sogno europeo"

* LUCIANA CASTELLINA, giornalista. Presidente del quotidiano Cineuropa.org. Membro della Fondazione Basso, dell’Arci e dell’Ucca. Ha diretto i settimanali “Liberazione”, “Nuova Generazione”, “Pace e Guerra” e il quotidiano “Il Manifesto”. Eletta per numerose legislature alla Camera dei Deputati e al Parlamento Europeo. Già coordinatrice della European Nuclear Desarmement. Fra le pubblicazioni: Cinquant’anni d’Europa (Utet, 2007), Eurollywood (Ets, 2009). Siti: www.ucca.it; www.arci.it.

venerdì 23 aprile 2010

Un'utopia senile per l'Europa

Anticipazione dal volume collettivo "Europa 2.0 prospettive ed evoluzioni del sogno europeo", ombre corte, Verona, maggio 2010.

Dal capitolo:
Un'utopia senile per l'Europa
di Franco Berardi (Bifo)

È inevitabile che nei prossimi anni, per effetto della sconfitta strategica che sul piano militare e politico la presidenza Bush ha lasciato in eredità all’intero Occidente, e ancor più per effetto della caotica recessione economica seguita al collasso del settembre 2008, la natura dell’Unione europea si ridefinisca; ma l’immaginazione europea sembra bloccata.

La costruzione politica che si chiama Europa non è una democrazia.

La volontà popolare si esprime attraverso elezioni il cui effetto è assai limitato dal punto di vista della vita sociale e delle scelte politico-economiche fondamentali. Le decisioni importanti non passano attraverso il dibattito parlamentare. L’organo che decide effettivamente è la Banca centrale, espressione degli interessi del ceto finanziario. Dal punto di vista economico la storia della costruzione europea può apparire – ed effettivamente è – una storia di successo, ma quali che siano gli esiti della crisi sul piano finanziario, la recessione ha messo in moto un processo di de-modernizzazione e di redistribuzione della potenza economica a livello planetario.

Un esito prevedibile di questo processo sarà un ridimensionamento della potenza europea e di quella nordamericana nel contesto globale. La disoccupazione è destinata a crescere, il lavoro a precarizzarsi, l’immigrazione preme inarrestabilmente. Sempre più realistico uno scenario oscuro: una spirale di violenza, di guerra civile interetnica, di sgretolamento delle strutture pubbliche della vita civile. Solo se sarà capace di rimettere in discussione le basi culturali, estetiche e biopolitiche della sua identità (o meglio: della sua auto-identificazione) il processo europeo potrà evitare un esito simile, e inventare qualcosa di nuovo e di adeguato alla complessità del presente, qualcosa che possa valere come ragion d’essere d’Europa.

A questo tema dedico le brevi note che seguono.

[...] Continua nel libro "Europa 2.0 prospettive ed evoluzioni del sogno europeo". A cura di Nicola Vallinoto e Simone Vannuccini, ombre corte, Verona, maggio 2010.

martedì 20 aprile 2010

L'Europa precaria delle nuove forme del lavoro: movements surplace

Anticipazione dal volume collettivo "Europa 2.0 prospettive ed evoluzioni del sogno europeo", ombre corte, Verona 2010.

dal capitolo:
L'Europa precaria delle nuove forme del lavoro: movements surplace

di Giuseppe Allegri

Premessa

In queste brevi note si parte da una riflessione sui nodi irrisolti dell’ultimo
decennio di trasformazione istituzionale continentale: una classe
dirigente europea incapace di dare risposte adeguate alla nuova questione
sociale e alle frammentarie istanze avanzate dai nuovi movimenti
sociali in tal senso. Lo scacco sul quale insiste il processo di integrazione
comunitario è ancora rappresentato dalla difficoltà di immaginare un
nuovo patto sociale continentale all’altezza delle aspettative di una vita
dignitosa per i soggetti che hanno scelto questo Continente come loro
spazio esistenziale. Si dovrebbe ripartire dalla possibilità di pensare e
praticare alleanze inedite tra nuove forme di partecipazione democratica
e l’affermazione di un nuovo Welfare paneuropeo per una cittadinanza
sociale attiva; ed in questo senso dovrebbero andare gli sforzi di movimenti,
associazioni, reti che accettano il livello locale ed europeo di ripensamento
degli strumenti di regolazione sociale. Le trasformazioni istituzionali comunitarie e l’irrisolta questione
sociale europea.

Parafrasando i titoli di due oramai classici lavori di ricerca e inchiesta
di fine anni Novanta, potremmo dire che in Europa già nell’ultimo decennio
del millennio il “futuro del lavoro” era “al di là dell’impiego” tradizionale
e produceva “conseguenze personali” che potevano addebitarsi
allo spirito “del nuovo capitalismo” (Supiot 1999; Sennett 1999).

In quello scorcio di secolo si compiva il ventennale della svolta neo-liberista globale del duo Thatcher-Reagan, mentre l’Unione europea avviava un tortuoso e imprevedibile processo di costituzionalizzazione del suo ordinamento. Contro l’“abbraccio mortale” atlantico della globalizzazione turbocapitalista, l’integrazione comunitaria provava a giocare l’alternativa europea, come cuneo di regolazione giuridica, maggiore aspirazione all’equità sociale e al multilateralismo nelle relazioni globali (Hutton, 2002).

[...] Continua nel libro "Europa 2.0 prospettive ed evoluzioni del sogno europeo". A cura di Nicola Vallinoto e Simone Vannuccini, ombre corte, Verona 2010.

lunedì 19 aprile 2010

Europa e democrazia partecipativa: dagli attuali limiti alle opportunità per il futuro

di Giovanni Allegretti

Anticipazione dal volume collettivo "Europa 2.0 prospettive ed evoluzioni del sogno europeo", ombre corte, Verona 2010.

Per avere una “visione d’Europa” più lucida è spesso necessario ricorrere a degli sguardi esterni, o a degli specchi che ci aiutino a percepire tendenze unitarie che – nella microanalisi delle tante differenze che la attraversano – rischieremmo di non cogliere. Ascoltare chi contempla l’Europa da fuori o (ancor di più) chi vi entra per viverci o lavorarci mantenendo forti contatti con altri continenti è quindi un esercizio utilissimo di umiltà e di autoriflessione, tanto più quando tocca temi che ci appassionano e mettono in moto in noi sentimenti ed emozioni forti che rischierebbero di annebbiarci la vista.

Nell’ultimo decennio, tra questi temi, ne è emerso uno in particolare che – pur non assumendo le sue forme più radicali nel vecchio continente – ha permesso all’Europa di acquistare un ruolo interessante di “vettore d’innovazione” nel panorama mondiale delle pratiche di gestione del territorio. Si tratta del tema della “democrazia partecipativa”, ossia di quell’insieme di processi di costruzione delle politiche pubbliche che offrono a tutti i cittadini spazi aperti per contribuire attivamente alla loro concezione e/o gestione, a partire da un riconoscimento del valore che l’abitare e l’impegno a partecipare di chi abita riveste per la vita sociale, economica, politica e culturale di un territorio locale o di area vasta.

L’organizzazione per cui lavoro da quattro anni – il Centro di Studi Sociali dell’Università di Coimbra – da oltre un decennio ha cominciato ad investire in attività di ricerca-azione sul tema, a partire dalla posizione “semi-periferica” del Portogallo nel continente europeo, e dai “vantaggi comparativi” che questa offre per costruire ponti e relazioni maggiormente simmetriche con società e paesi del Sud del pianeta. Questo ha permesso di dar forma a percorsi di lettura del tema nella sua declinazione europea che si arricchiscono di sguardi e punti di vista differenziati,
complementari e – talora – anche in tensione tra loro.

Il presente saggio – limitando lo sguardo a quelle pratiche di “partecipazione” che riescono ad entrare in contatto con le istituzioni e a formalizzarsi, divenendo parte della loro azione amministrativa - si propone di recuperare uno “sguardo eccentrico” sul vecchio continente. L’obiettivo è quello di cercare di evidenziare opportunità, limiti e sfide comuni di alcuni percorsi di sperimentazione democratica che oggi cercano di rinnovare i modi di fare politica collocandosi a lato degli abitanti nel tentativo di arginare la crisi di legittimità che colpisce le istituzioni del continente.

[...] Continua nel libro Europa 2.0 prospettive ed evoluzioni del sogno europeo. A cura di Nicola Vallinoto e Simone Vannuccini, ombre corte, Verona 2010.