Dal capitolo:
Un'utopia senile per l'Europa
di Franco Berardi (Bifo)
È inevitabile che nei prossimi anni, per effetto della sconfitta strategica che sul piano militare e politico la presidenza Bush ha lasciato in eredità all’intero Occidente, e ancor più per effetto della caotica recessione economica seguita al collasso del settembre 2008, la natura dell’Unione europea si ridefinisca; ma l’immaginazione europea sembra bloccata.
La costruzione politica che si chiama Europa non è una democrazia.
La volontà popolare si esprime attraverso elezioni il cui effetto è assai limitato dal punto di vista della vita sociale e delle scelte politico-economiche fondamentali. Le decisioni importanti non passano attraverso il dibattito parlamentare. L’organo che decide effettivamente è la Banca centrale, espressione degli interessi del ceto finanziario. Dal punto di vista economico la storia della costruzione europea può apparire – ed effettivamente è – una storia di successo, ma quali che siano gli esiti della crisi sul piano finanziario, la recessione ha messo in moto un processo di de-modernizzazione e di redistribuzione della potenza economica a livello planetario.
Un esito prevedibile di questo processo sarà un ridimensionamento della potenza europea e di quella nordamericana nel contesto globale. La disoccupazione è destinata a crescere, il lavoro a precarizzarsi, l’immigrazione preme inarrestabilmente. Sempre più realistico uno scenario oscuro: una spirale di violenza, di guerra civile interetnica, di sgretolamento delle strutture pubbliche della vita civile. Solo se sarà capace di rimettere in discussione le basi culturali, estetiche e biopolitiche della sua identità (o meglio: della sua auto-identificazione) il processo europeo potrà evitare un esito simile, e inventare qualcosa di nuovo e di adeguato alla complessità del presente, qualcosa che possa valere come ragion d’essere d’Europa.
A questo tema dedico le brevi note che seguono.
[...] Continua nel libro "Europa 2.0 prospettive ed evoluzioni del sogno europeo". A cura di Nicola Vallinoto e Simone Vannuccini, ombre corte, Verona, maggio 2010.
La costruzione politica che si chiama Europa non è una democrazia.
La volontà popolare si esprime attraverso elezioni il cui effetto è assai limitato dal punto di vista della vita sociale e delle scelte politico-economiche fondamentali. Le decisioni importanti non passano attraverso il dibattito parlamentare. L’organo che decide effettivamente è la Banca centrale, espressione degli interessi del ceto finanziario. Dal punto di vista economico la storia della costruzione europea può apparire – ed effettivamente è – una storia di successo, ma quali che siano gli esiti della crisi sul piano finanziario, la recessione ha messo in moto un processo di de-modernizzazione e di redistribuzione della potenza economica a livello planetario.
Un esito prevedibile di questo processo sarà un ridimensionamento della potenza europea e di quella nordamericana nel contesto globale. La disoccupazione è destinata a crescere, il lavoro a precarizzarsi, l’immigrazione preme inarrestabilmente. Sempre più realistico uno scenario oscuro: una spirale di violenza, di guerra civile interetnica, di sgretolamento delle strutture pubbliche della vita civile. Solo se sarà capace di rimettere in discussione le basi culturali, estetiche e biopolitiche della sua identità (o meglio: della sua auto-identificazione) il processo europeo potrà evitare un esito simile, e inventare qualcosa di nuovo e di adeguato alla complessità del presente, qualcosa che possa valere come ragion d’essere d’Europa.
A questo tema dedico le brevi note che seguono.
[...] Continua nel libro "Europa 2.0 prospettive ed evoluzioni del sogno europeo". A cura di Nicola Vallinoto e Simone Vannuccini, ombre corte, Verona, maggio 2010.
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