venerdì 7 maggio 2010

Internet, l'Europa e i diritti digitali

Anticipazione dal volume collettivo "Europa 2.0 prospettive ed evoluzioni del sogno europeo", Nicola Vallinoto e Simone Vannuccini (a cura di), ombre corte, Verona, maggio 2010.

Dal capitolo:
Internet, l'Europa e i diritti digitali
di Arturo Di Corinto*


Che la rivoluzione digitale abbia cambiato il modo in cui la gente pensa, lavora, guadagna o si diverte è ormai una consapevolezza comune.

La digitalizzazione delle reti e dei contenuti ha creato nuove industrie, aperto nuovi mercati, favorito un nuovo rapporto fra governanti e governati e determinato nuove modalità di organizzazione sociale e divisione del lavoro. Cambiamenti che vanno oggi sotto il nome di Società dell’Informazione, termine passe-partout usato per indicare il ruolo sempre più rilevante che l’informazione e la comunicazione assumono negli scenari sociali, economici e politici globali. Tuttavia, queste trasformazioni che hanno mutato radicalmente il mondo della ricerca, dell’istruzione, del commercio, dei media, dell’industria culturale, non hanno creato solo nuove ricchezze, ma anche grandi povertà, contribuendo a ridisegnare gli equilibri geopolitici mondiali.
All'inseguimento del framework delle autostrade dell’informazione di clintoniana memoria, l’Europa ha provato ad assumere un ruolo guida in questo processo attraverso la cosiddetta “Strategia di Lisbona”. Eppure, nonostante gli annunci roboanti, tale strategia, che ambiva a trasformare l’Europa nella più grande economia digitale del mondo, sembra avere miseramente fallito per l’incapacità di mettere a sistema le potenzialità dei suoi Stati membri, caratterizzati da una ricca e attiva società civile, da un tessuto imprenditoriale dinamico di piccole e medie imprese, e un quadro regolatorio orientato alla concorrenza dei mercati, ma anche alla tolleranza, alla diversità, alla libertà.

Sono stati molti gli eventi che negli anni hanno impedito che l’Europa diventasse il luogo vagheggiato a Lisbona. Le gelosie degli Stati nazionali, il pressing dei lobbisti, il comportamento anticompetitivo di molte aziende, l’inclinazione di molti paesi a violare i diritti umani dei propri cittadini, hanno impedito di cogliere i frutti dell’innovazione socialmente prodotta. Impedendo la corretta osmosi fra ricerca di base e ricerca applicata, le sinergie fra centri di ricerca, pubblici e privati, e i reparti di ricerca e sviluppo delle grandi aziende e fra questi e gli enti locali, l’Europa anziché avanzare, retrocede. In aggiunta a questo, l'incapacità di parlare ai territori, istituzioni con una debole struttura finanziaria e di investimento, le difficoltà di accesso al credito posta dalle banche completano il quadro delle occasioni mancate per sviluppare una sana economia informazionale. Tutto il contrario di quello che accadeva in luoghi come la California che non a caso, pur essendo uno “staterello”, grazie alla capacità di investire in ricerca, tecnologia e innovazione, è la nona economia del mondo.

Continua nel libro.

* ARTURO DI CORINTO. “Il Sole24ore”, “PeaceReporter”, “Punto-Informatico”. Autore di libri e saggi collettanei sull’open source, il diritto d’autore e l’innovazione tecnologica. È autore di Revolution OS II, il primo film italiano sull’open source. Presidente della Free Hardware Foundation Rome. Psicologo cognitivo, ha insegnato e fatto ricerca all’Università di Stanford e a La Sapienza di Roma. Ha partecipato a molte campagne per la promozione e la tutela delle libertà digitali a livello europeo. Siti: www.frontieredigitali.net; fhf.it; www.dicorinto.it.

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